Il tritacarne di Bakhmut. Le resistenze dei militari ucraini alla difesa della città. I piccolo borghesi italiani che plaudono al coraggio “con il culo degli altri” ...
Fino a pochi anni fa le guerre erano un elemento in margine della nostra vita quotidiana. Le notizie passavano nei TG più o meno come una curiosità esotica. Gli approfondimenti relegati a notte fonda.
La fine dell'esercito di leva ha anche fatto dimenticare, a livello di massa, che cosa siano gli eserciti e a cosa servano le armi. La narrazione, pessima e deviante, dell'esercizio dell'arte militare come attività di peace keeping ha equiparato i soldati al personale della protezione civile o ai pompieri. Ma dubito che un volontario della protezione civile o un pompiere che entra in un incendio per salvare qualcuno abbia con se un AR 60/90, che spara 680 colpi al minuto.
Ho avuto il piacere, durante il mio servizio di leva, di essere uno dei primi a provare quei fucili. Ovviamente non erano destinate a noi, cittadini in armi, ma ai “professionisti” che partivano per la Bosnia. Eppure la differenza con il Garand, residuato bellico della seconda guerra mondiale e la sua versione più chic, il Fucile Automatico Leggero, si sentiva subito. E la vedevi, quando le sagome del poligono si spaccavano a metà. Legno molto spesso. Se un proiettile sparato da un AR 60/90 era in grado di dividerla in due, cosa sarebbe accaduto ad un uomo? Noi, studenti e operai, contadini e semplici nullafacenti, ricchi e poveri, che il dettato costituzionale trasformava, democraticamente, in soldati temporanei, questo quesito ce lo ponevano. Le armi portano ebrezza, perché hanno il potere massimo cui si possa aspirare: quello di vita e di morte. Portano, però, anche angoscia ed inquietudine: come diceva lo zio dell'uomo ragno “un grande potere porta con sé enormi responsabilità”. Solo chi ha conosciuto le armi può rendersi conto di cosa significano.
LA MORTE, QUESTA SCONOSCIUTA
La morte si allontana sempre più da noi. Ci viene raccontato, sempre e dovunque, di un mondo in cui si fa di tutto per essere sani. In cui l'ottima alimentazione e l'esercizio fisico allungano la nostra esistenza. Le case di riposo portano via da noi anche il declino della carne e del cervello. Sempre meno persone muoiono in casa, circondate dai propri familiari. L'obitorio dell'ospedale è la loro penultima dimora. Quando c'è un incidente mortale il cadavere è occultato alla vista con un lenzuolo. I corpi dei morti sono sempre più lontani da noi. A livello collettivo, come comunità, stiamo dimenticando cosa sia la morte. Essa è considerata un'eccezione alla vita dei vivi in salute e non, come dovrebbe essere, parte integrante e necessaria della vita stessa.
La battaglia di Bakhmut, in Ucraina, ne è la controprova. E' stato (ed è, perché tuttora in corso) il momento più sanguinoso di quel conflitto. Le offensive conquistano metri e non chilometri: Bakhmut è un tritacarne. E non è nemmeno un luogo strategicamente importante. Una ritirata ucraina avrebbe messo in sicurezza moltissime vite umane, ma non avrebbe compromesso la capacità di combattimento degli uomini di Kiev.
I MILITARI DISSENTONO DA ZELENSKY
La battaglia divide gli animi. Non solo le rispettive tifoserie in Europa, quelle legate ai due contendenti, ma anche l'animo degli ucraini. Più volte i militari hanno fatto presente che resistere a Bakhmut era solo un inutile dispendio di risorse umane e materiali. Meglio sarebbe stato riallineare le truppe si di un fronte difendibile e di lì far ripartire l'offensiva. Volodomir Zelensky ha detto di no. Emulo del presidente francese Raymond Poincaré, che, durante le battaglie della prima guerra mondiale per il saliente di Ypres, gridò ai suoi generali che volevano ritirarsi “siete dei vili, ed io vi spazzerò via tutti”, ha dato ordine di difendere la posizione ad ogni costo. Il saliente di Ypres fu un
tritacarne: tra morti e dispersi costò più di 250.000 persone. Un pezzo di terra che diventava, con il tempo, tatticamente e strategicamente trascurabile, dato che la “corsa al mare” dei tedeschi era già stata contenuta. Eppure Poincaré non volle mollare. Era una questione di orgoglio nazionale. Chissà come dormiva la notte dopo aver mandato inutilmente al massacro decine e decine di migliaia di francesi e costretto belgi ed inglesi a seguirlo in quella follia.
Zelensky crede di essere un Poincaré un po' più pop. Ordina una resistenza inutile, su di un pezzo di terra secondario, per puro orgoglio. Vuole essere il primo a battere la Russia e riuscire dove Hitler e Napoleone fallirono. Costi quel che costi.
L'ITALICO BUON BORGHESE
Questo è tipico del piccolo borghese. Ernest Toller ne Una giovinezza in Germania racconta del suo incontro, in una pausa del fronte, con un rubicondo signore infervorato e satollo di mistica patriottica. Personaggio, inutile dirlo, che sapeva tutto di tattica militare e che invocava il “coraggio” e “l'audacia” e plaudiva “all'eroismo”. Peccato si trovasse su di un tram, ben dietro la linea del fronte. Il suo destino sarebbe stato quello di ingrassare a suon di wurstel. Quello dei reduci, invece, di essere tormentati a vita dalle ferite visibili ed invisibili della guerra.
Questo personaggio è estremamente attuale. Non mangia wurstel, preferisce il bio. Lo ritroviamo nei nostri social a spiegarci le tattiche degli eserciti e a dirci che Kiev vincerà la guerra. Sono tutti “esperti”, perché hanno letto qualcosa o hanno un titolo di studio o una specializzazione di qualche sorta. Sono filo americani senza saperne nemmeno il perché, indicano in Washington la patria della democrazia e dei diritti dimenticando che lì c'è ancora la pena di morte e che la polizia, solo perché sei nero e ti trovi nel quartiere sbagliato, ti accoppa. Certo, diranno loro, ti puoi rivolgere a un giudice ed avere giustizia.
Ditelo a Geoge Floyd di rivolgersi a un giudice.
Chi ci governa, da Mario Draghi a Giorgia Meloni, passando per i segretari del Partito Democratico, non sono meglio di loro. Del resto la democrazia è rappresentazione: loro incarnano il piccolo borghese guerrafondaio e lo alimentano. Il piccolo borghese, più o meno acculturato, più o meno libertario o più o meno conservatore, è l'humus dal quale essi stessi traggono il loro nutrimento.
Anche questa evoluzione, poco riuscita, dell'homo sapiens sapiens, plaude all'eroismo. Anche se, imbracciando un fucile, rischierebbe di spararsi su di un piede o se, in battaglia, macchierebbe di urina i pantaloni. Eroi, come diceva un vecchio saggio, “con il culo degli altri”.
Nel frattempo, tra buoni borghesi che tentano di uscire dalla loro triste esistenza inneggiando ai tritacarne e capi di stato che vogliono passare alla storia questi quel che costi, a Bakhmut la gente muore. Muore senza nessuno scopo militare. Perché, semplicemente, non è lì che si decideranno le sorti della guerra.
Mario Michele Pascale
Interessante e condivisibile analisi