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AFGHANISTAN: DRAGHI E I DEMOCRATS ITALIANI VITTIME DELLA GUERRA. MA NESSUNO NE PARLA

La politica estera di Biden è un disastro. Ma questo, chi vi scrive ve lo aveva già detto. Ora il disastro si muta in tragedia …

Non vi parlerò dell’Afghanistan. Lo hanno fatti tutti, in ogni salsa. In ogni italiano, dopo il gene del piccolo allenatore della nazionale, del piccolo virologo e del migliore facitore di carbonara del pianeta, si colloca, oggi, quello dell’esperto di geopolitica.

Ora tutti sono concordi nel dire che l’Occidente ha fatto una figura barbina, che in quella terra ostile e lontana, non a caso definita “cimitero degli imperi”, ce le hanno suonate di brutto. E che, udite udite, gli statunitensi hanno sbagliato.

Questo intendimento maggioritario, mainstream, è una vera a propria beffa per tutti quelli che avevano previsto il disastro, che avevano avvisato sulle scarse qualità di Joe Biden e sulla totale pochezza della sua politica estera.


IL BOLLETTINO DI GUERRA

Le perdite USA ammontano a 2.455. I feriti sono 20.722. Sono 2113 i miliardi di dollari relativi al costo economico della guerra in Afghanistan, cui andranno aggiunti i miliardi di dollari necessari a curare i veterani che resteranno segnati per la vita.

Il bilancio italiano è di 53 morti e 700 feriti.

Al bollettino di guerra vanno doverosamente aggiunti i civili afghani deceduti a seguito di “effetti collaterali”. Parliamo di circa 46.000 persone.

Fin qui la conta delle vittime.

Inutile dire che i soldati della coalizione occidentale sono morti inutilmente. Soprattutto quelli delle minoranze. Esattamente come i neri americani furono spediti in Vietnam per difendere quelle libertà che gli venivano negate in patria, i reduci neri di oggi tornano in un paese che li guarda con sospetto e dove ogni poliziotto troppo zelante può accopparli. Nulla di nuovo sotto il sole.


BANANA JOE CI FA RIMPIANGERE DONALD TRUMP


Joe Biden che dorme in mondovisione

Joe Biden ci fa, addirittura, rimpiangere quel pazzo furioso di Donald Trump. Che sarà stato anche un guascone, ma che non ha mai trascinato il paese, dal punto di vista della politica estera, in quella zona dove il ridicolo si congiunge alla tragedia, ancorandosi saldamente al ridicolo.

Trump credeva nel dialogo interpersonale, in cui lui aveva tra le mani sia il bastone che la carota. Alzava la voce, ritrattava, dissimulava. Gli piacevano i leader forti, nei quali si rispecchiava. Donald Trump era qualcosa di sbagliato, il suo disprezzo per la democrazia parlamentare era sbagliato, ma almeno rappresentava qualcosa. Di spiacevole, certo, ma la rappresentava.

Joe Biden è la personificazione del nulla, con l’ossessione, geriatrica e non politica, per la Cina e la Russia.


CADUTI ECCELLENTI: MARIO DRAGHI ...

Nessuno lo dice, ma tra i caduti italiani dell’Afghanistan vanno inseriti due nomi eccellenti. Il primo è quello di Mario Draghi. Il secondo è quello dei “democrats” all'amatriciana di casa nostra.

Mario Draghi, quando si insediò come Presidente del Consiglio, enunciò le sue tesi in politica estera. Queste erano baricentrate su di un concetto fondamentale: l’Alleanza Atlantica è la via la verità e la luce (ovviamente riassumo e traduco) ed il rapporto con gli USA è la base di tutto. Soprattutto quando, dopo l’ubriacatura di Trump, l’America intera si era riscattata ed era diventata totalmente affidabile sotto la guida di un “progressista” come Biden. Ora che Biden ha compiuto il capolavoro, lasciando in uno stato di pietoso abbandono l’Afghanistan e gli alleati, lo schema di Draghi, che in sostanza era quello di prendere il posto del Regno Unito come “alleato fedele” degli USA all’interno dell’Unione Europea, è sfumato. Mario Draghi perde la sua bussola, tant’è che cerca di ricucire un rapporto con Berlino e Parigi, da anni critici sul ruolo della NATO, sull’automatismo della leadership americana e sull’identificazione della Russia e della Cina come nemici da combattere ad ogni costo. E lo ricuce da una posizione di estrema debolezza, che non sfugge agli osservatori internazionali.

Mario Draghi

Draghi, inoltre, dopo tante dichiarazioni di fedeltà atlantica e di allineamento agli USA, è costretto al dialogo proprio con la Russia e la Cina, i nemici giurati di Joe Biden, cercando di ritagliarsi un ruolo grazie alla presidenza italiana del G20, scaduta la quale russi e cinesi non mancheranno di presentare il conto.

Ma, di questo, nessuno ne parla.


E I DEMOCRATS …

Non si contano i cadaveri di quelli che avevano la biografia di Obama sul comodino e la consultavano prima di andare a dormire per trarne ispirazione per la giornata successiva. Quelli che vantavano la lettura di Joseph Stigliz (e che forse lo hanno anche letto, ma di certo non lo hanno capito), che pronunciavano con solennità ed enfasi la frase ”contrasto alle disuguaglianze” con la stessa frequenza con cui i Puffi pronunciavano l’aggettivo “puffoso”. Quelli che, in sostituzione di comunismo e socialismo, brandivano la moda americana del “capitalismo caritatevole”. Quelli per cui gli USA, nonostante la povertà, le discriminazioni, la violenza delle forze dell’ordine, la questione razziale, la pena di morte, le armi in libertà, il creazionismo, l’anti abortismo, il fondamentalismo cristiano, una sanità basata sul reddito e non sulla necessità sociali, erano comunque un paradiso in terra.

Quegli stessi che storcevano il naso quando si parlava di Bernie Sanders perchè troppo estremo, troppo socialista.

La loro è una sconfitta cocente. E’ la negazione della possibilità di poter portare in Italia il modello “liberal” americano. Perché quel che Joe Biden ci mostra non è l’errore della singola persona, sul quale si può anche soprassedere, mettendolo tra parentesi e andando avanti. E’ l’intera visione del mondo dei progressisti che non va. Dal pessimo Jimmy Carter ai continui tentennamenti di Obama fino all’epilogo inglorioso di Biden. Siamo di fronte alla fragilità e l’inaffidabilità di tutto il modello progressista.

Ma, di questo, nessuno ne parla.


Pazienza. Mi metterò in un angolo della riva del fiume ed attenderò. Del resto non c’è nulla di disdicevole nell’essere nato postumo.


Mario Michele Pascale


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