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IL MARCHESE DE SADE E BRIAN GRIFFIN di Mario Michele Pascale

Aggiornamento: 15 nov 2020

Mettere in scena “La filosofia nel boudoir” di D.A.F. DeSade non è semplice. Il pericolo dello scadere, da un lato, in un catalogo della sessualità e, dall’altro, di edulcorare la carne fino a ricomprenderla nei lumi della ragione, declassandola a sociologia, è sempre in agguato. Solo per aver accettato la sfida Fabio Condemi merita un plauso. Ma ...


La sua riduzione de “La filosofia nel boudoir”, andata in scena al teatro India di Roma, ha il pregio della semplicità. Scenografie minime, cambio di scena a vista operato dagli stessi attori, gesti misurati ed essenziali. 

Se intendiamo questa opera del marchese De Sade come un trattato pedagogico Condemi ha colto pienamente nel segno. 

Ma cosa si insegna alla giovane Eugénie? La crudezza della libertà, la pienezza della carne, la solitudine dell'uomo che si traduce in qualcosa che somiglia alla volontà di potenza. Lo si fa lasciando sul campo molti cadaveri: la religione, la morale, l'esistenza stessa della specie umana giacché la riproduzione è, con gli ovvi paradossi del caso, un peccato contro la pienezza dell'esistenza. 


Ma se da un punto di vista “accademico” la messa in scena funziona, da un punto di vista prettamente teatrale lascia abbastanza perplessi. Anzitutto errori, decisamente banali ma non di meno gravi, nel posizionamento delle scenografia che rendono difficile a parte del pubblico, quello delle sedute laterali, di seguire la totalità dei movimenti degli attori. Se la parte musicale è curata, le luci stentano: una narrazione giocata anche su di un cambio delle luminosità, oltre che vocale, musicale e gestuale, avrebbe dato di certo valore aggiunto alla rappresentazione. 



Elena Rivoltini

Superba Elena Rivoltini nel ruolo di Madame de Saint-Ange. Una prestazione, la sua, pulita, senza intoppi e particolarmente affascinante per quel che riguarda il movimento scenico del corpo. Dispiace per Carolina Ellero, le cui doti recitative sono indubbie, ma purtroppo sacrificate da un personaggio, Eugénie, che, nella visione di Condemi, da protagonista di un romanzo di formazione si trasforma, con eccessiva rapidità, senza spiegazioni convincenti, in una psicopatica con toni molto più televisivi che teatrali. 

Ma questo è un problema di regia, non di recitazione. 

Ottimo Marco Fasciana nel ruolo del servo Augustin. Così come è convincente Candida Nieri nel ruolo della madre di Eugenie. Pregevole Gabriele Portoghese, a suo agio nel ruolo del libertino Dòlmancè, analitico e passionale precettore della giovane Eugénie. Dispiace però che il bravo Portoghese, attraverso il suo personaggio, si debba far carico di molte forzature al testo sadiano. Efficaci da un punto di vista narrativo, ma che a volte trasformano un impenitente, libero e feroce cultore dei sensi in un piccolo Brian Griffin. 



Come detto, ridurre un testo della complessità de “La filosofia nel boudoir” per il teatro è un'impresa difficile e rischiosa. Fabio Condemi elimina dalla pièce due personaggi basilari. Il primo è il padre di Eugénie, che è il motore immobile della storia e che viene citato, in absentia e malamente, solo alla fine della rappresentazione. E’ lui infatti che affida la figlia a Madame de Saint-Ange affinché ne curi l’educazione. Il secondo personaggio scomparso è Il cavaliere de Mirval, fratello ventenne della Saint-Ange che ha una grande parte nella “costruzione” della nuova Eugénie. 


“La filosofia nel boudoir”, per la regia di Fabio Condemi, lascia molti dubbi ed una sensazione di incompiutezza. Più che una trattazione del pensiero di Sade ne appare come una semplice citazione.  


La filosofia nel boudoir

di D.A.F. de Sade


traduzione e adattamento Fabio Condemi.

Con Carolina Ellero, Marco Fasciana, Candida Nieri, Gabriele Portoghese, Elena Rivoltini

assistente alla regia Marco Fasciana.

Spettacolo visionato al Teatro India di Roma l’11 ottobre 2020


++Articolo apparso su www.avantionline.it++


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