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JOE BIDEN E L'EREDITÀ DI TRUMP di Mario Michele Pascale

La politica estera degli Stati Uniti d’America cambierà con Joe Biden alla Casa Bianca?

Joe Biden

La NATO

A partire dai primi anni ‘90, grazie al declino dell’Unione sovietica, l’Alleanza atlantica si è progressivamente allargata a Est. Nei piani dell’epoca si parlava, addirittura, di forme di collaborazione, politica e militare, con Mosca.

Tolta la cortina di ferro e l’ortodossia comunista il nemico di un tempo non è sembrato poi così brutto. Certo permangono interessi contrapposti, ma questi non sono dovuti più ad un tentativo di egemonia ideologica, bensì a semplici, contrapposti, forse banali, interessi nazionali.

L’amministrazione Trump ha più volte fatto notare come la NATO fosse diventata una struttura obsoleta da un punto di vista politico e troppo gravosa, da un punto di vista economico, per gli Stati Uniti. In più di un’occasione Donald Trump ha chiesto agli alleati di “pagare” le spese. Una novità? No. Già le amministrazioni Bush e Obama, al netto delle pose istrioniche di cui Trump è maestro, avevano detto la stessa cosa.


America first

Obama è stato, del resto, il primo presidente americano a spostare l’asse della politica estera verso il Pacifico. Si è capito che gli interessi nazionali statunitensi avevano ben altra priorità che non l’Europa. Unica eccezione l’accordo di Parigi sul clima e quello sul nucleare iraniano, che hanno visto l’Unione europea co protagonista. Ma sono elementi marginali di una strategia chiara. La cosiddetta “America first” inizia con Obama. E le prime crepe nell’Alleanza si sono viste nel 2003, dove le divergenze sulla gestione della guerra del Golfo erano all’ordine del giorno. Facendo di necessità virtù Francia e Germania hanno iniziato a premere per una maggiore autonomia europea nell’ambito della difesa. Ma più che un desiderio di una evoluzione dell’Unione si tratta di una presa di coscienza del fatto che gli Stati Uniti non sono più gli affidabili alleati di un tempo.

Trump ha dato solo una ribalta teatrale ad un processo politico già in atto prima di lui.


I rapporti con la Russia

Da un lato, dopo l’11 settembre, Washington e Mosca hanno collaborato nella guerra al terrorismo, dall’altro non sono mancate le frizioni, alimentate soprattutto dall’ingresso degli ex

Putin e Trump

paesi della cortina di ferro prima nell’UE e poi nell’Alleanza atlantica. Altri elementi di disturbo sono state la situazione in Georgia e in Ucraina.

Donald Trump ha dichiarato più volte di voler avere buone relazioni con Vladimir Putin. Scelta scellerata di un burlone che reputa la simpatia personale più efficace della politica internazionale? Forse. Ma al di là del linguaggio spicciolo Trump ha compreso benissimo che se l’obiettivo degli Stati Uniti è quello di contenere, da un punto di vista economico e geopolitico, la Cina, il placet e la non ingerenza della Russia sono essenziali.

E restano essenziali anche per il suo successore.


Il Medio Oriente

Obama si è speso per un disimpegno degli Stati Uniti in Medio Oriente ed Afghanistan. Ha fallito. Il conflitto nello Yemen, le primavere arabe, la crisi siriana e la nascita dello Stato Islamico, hanno impedito un ritiro integrale della presenza americana nella regione.

Trump è andato oltre. Ha deciso che quel che rimaneva del radicalismo islamico nell’area non era una minaccia pressante ed ha sostenuto un negoziato di pace con i talebani.

Vale la pena ricordare che il disimpegno dal Medio Oriente targato Trump è stato visto con estremo favore dall’opinione pubblica americana.


COSA PUÒ FARE JOE BIDEN?

Fatte queste premesse, e vista la parziale, ma maggioritaria, linea di continuità tra Obama e Trump, cosa può fare Joe Biden? La Cina è e resta un problema. Biden si presenta meglio di Trump e sa tenere, quando necessario, la lingua a posto. Ma resta, a pesare come un macigno, il fatto che la bilancia commerciale americana pende dalla parte di Pechino, con ripercussioni fortemente negative sull’economia a stelle e strisce. La Cina va comunque contenuta, anche in un'ottica progressista.

Emanuel Macron e Angela Merkel

La NATO continuerà ad essere un oggetto strano. Certo i rapporti con gli alleati europei saranno molto più cordiali, ma anche Biden non potrà fare a meno di notare che gli States non possono più sobbarcarsi la maggior parte della spesa della difesa comune. E Francia e Germania, se proprio devono sborsare denaro, hanno intenzione di farlo per potenziare se stesse e non certo un’entità che rischia di diventare aliena e che non risponde, se non parzialmente, a loro.

Gli unici a volere una NATO attiva e solida sono i paesi dell’Est Europa. Molti di loro, come le repubbliche baltiche, hanno un esercito nominale. Senza la presenza dell’Alleanza sarebbero praticamente indifese. Biden farà di necessità virtù, continuando a presenziare alle commemorazioni dello sbarco in Normandia, ma facendo ben poco oltre quello.


Nell’ottica della contrapposizione alla Cina e di un ridimensionamento della NATO il dialogo con Mosca diventa necessario. Biden non avrà alternative. E qualcosa alla Russia toccherà cedere, voltandosi dall’altro lato e cercando di fare finta di nulla. Non è improbabile che la materia di scambio siano il Caucaso e la Siria, in cui gli interessi diretti americani pesano poco rispetto ad altre parti del mondo.


USA DIFENSORE DEI DIRITTI UMANI

L'unica carta nuova, ma nemmeno tanto, che l'amministrazione Biden potrà giocare sarà quella di diventare il paladino dei diritti umani e della democrazia nel mondo. Un paladino virtuale, poco incline all’intervento diretto, ma pur sempre una voce autorevole. Nel gioco con la Russia e con gli altri stati “ostili”, l’opzione “accordo politico-economico in cambio di diritti umani” potrebbe essere un caposaldo della politica estera.

Da notare però che il gendarme dei diritti umani è quello stesso stato in cui esistono ancora la pena di morte, il razzismo, il fanatismo religioso cristiano e gravi abusi da parte della polizia. Ma si sa, l’ironia è il sale della vita.


Un murales in ricordo di Geoge Floyd

Cosa potrà fare Biden? Ben poco di nuovo rispetto a Trump. Potrà portare uno stile più posato alla Casa Bianca, certo, ma oltre a quello porterà avanti le direttrici, oramai storiche, della politica estera americana.


Maro Michele Pascale


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