La politica estera italiana, già povera se non assente, si avvia ora a diventare un guazzabuglio. Vi spiego perché ...
Mario Draghi ci appare come il nuovo messia. L’Italia del resto ama gli uomini del destino: incoronati, ma poi velocemente silurati. L’esempio massimo è Mussolini, osannato da popolo e poi penzolante a testa in giù in una squallida stazione di servizio della periferia di Milano. L’esempio minimo è Silvio Berlusconi. Considerato ed onorato come avversario, che finisce, nella mente del volgo, per essere solo un pedofilo “rattuso”. In mezzo Craxi, esaltato e odiato, che morì in esilio tra molte voci ignoranti e (purtroppo) giubilanti.
Ognuno di questi personaggi ha un suo Giuda che, fino a cinque minuti prima di accordarsi con il Sinedrio, aveva giurato fedeltà eterna con indubbia esibizione di fede. Un Giuda che aveva fatto carte false per intronare il suo Messia.
Ma finché il tradimento non viene consumato il popolo esulta, i giornali scrivono, gli opinionisti elogiano. Anche ora. Mario Draghi è “colui che può”: da Supermario a Superman. Creare ombre, portare avanti dubbi e vedere crepe all'orizzonte è un reato di lesa maestà. Eppure le crepe ci sono. Ed oggi inizieremo a vederle parlando di politica estera.
Nell’intendimento del Presidente del Consiglio l’Italia sarà europeista. Fermamente collocata nell’Alleanza Atlantica. L’Italia dialogherà con Mosca. Parlerà con Pechino. Collaborerà con la Turchia. Sarà alleata di Francia e Germania. Sarà, contemporaneamente, dalla parte dei paesi “meno fortunati” del Mediterraneo. L’Italia, in ultimo, diventerà un difensore dei diritti umani.
Ma andiamo con ordine.
EUROPEISTI ED ATLANTISTI
Non si può essere europeisti e organici all’Alleanza atlantica insieme. Gli Stati Uniti, al pari della Russia, non credono in una casa comune europea. Gli sforzi di Washington, esattamente come quelli di Mosca, puntano ad avere rapporti multilaterali profondi con i singoli paesi membri dell’Unione e nettamente superficiali, quando non ostili, con l’Alto rappresentante per la politica estera dell’UE.
L’Europa è stata tollerata, specie da Obama, perché serviva da anticamera per l’ingresso nella NATO dei paesi dell’ex cortina di ferro. E così è stato.
L’Europa se vuole compiersi politicamente ed ideologicamente, e non solo come moneta o mercato, deve svincolarsi dalla subalternità agli Stati Uniti. Essere sì nel blocco occidentale ma avere una propria reale politica estera, un proprio sistema di difesa, ed una vera cittadinanza per gli uomini e le donne del vecchio continente. Solo allora l’Europa, e non il singolo paese, sarà un soggetto politico in grado di essere, come disse un vecchio saggio: “alleato, ma non suddito”.
Trump era un disgraziato. E siamo tutti d’accordo su questo. Ma aveva illuminato il problema principale del funzionamento della NATO: gli Stati Uniti non possono sobbarcarsi il peso della difesa dell’Europa. Tant’è che il buon vecchio Donald battè cassa a Berlino e a Parigi. Macron e la Merkel non vollero allora, così come non vogliono adesso, tirare fuori soldi per un organismo che risponde solo parzialmente a loro e quasi totalmente a Washington.
La NATO è in crisi. Risponde a logiche da guerra fredda quando la cortina di ferro è caduta. La pratica politica di Berlino e Parigi è la dimostrazione lampante di questa crisi. La Francia guarda al suo ex impero coloniale in Africa, espandendolo. La Germania si tiene stretta i Balcani. Ambedue non concertano assolutamente nulla con gli alleati atlantici. Fuori luogo parlarne in sede europea.
L'Alleanza atlantica ebbe la possibilità di diventare uno strumento di cooperazione Est Ovest durante il mandato di Boris Eltsin, che propugnava un “romanticismo filo occidentale” che, con esiti alterni, si è presentato più volte nella storia russa. Ma la politica di annessione da parte dell’UE dei paesi dell’Est fece saltare il banco, accelerando e dando ossigeno alla svolta “slavofila” di Putin.
A che serve oggi la NATO? A dare un ombrello militare a tutti quei paesi dell’Europa dell’Est che hanno un esercito nominale, che non potrebbero reggere l’impatto con Mosca. Estonia, Lettonia, Lituania, Slovacchia, Ungheria, ma anche la Polonia. Non è un caso se questi paesi sono i falchi del contenimento della Russia.
Domanda: in questo schema cosa c’entra l’Italia? Perchè l’Italia, che ha un potenziale difensivo di tutto rispetto, dovrebbe assecondare, fuori da una cornice di “patria comune europea”, che i paesi di Visegrad non solo non vogliono ma osteggiano apertamente, la difesa dei confini ad Est?
NORD E SUD EUROPA
Che esista un’Europa a due velocità è evidente. Che la locomotiva franco tedesca imponga i suoi desiderata agli altri membri anche. La fase solidale anti covid è destinata ad avere un inizio e una fine: è chiaro che un mercato comune è interconnesso. La perdita di capacità di acquisto in Portogallo pone problemi anche alla Polonia. E’ chiaro che la questione sanitaria vuole una risposta comune, dato che il virus non conosce confini. Ma è altrettanto evidente che, anche in questo stato di eccezione, Parigi e Berlino hanno avuto un peso specifico maggiore. Gli altri, con sfumature diverse, obbediscono e subiscono. Una collocazione che sia organica a Parigi e Berlino e contemporaneamente a fianco dei paesi mediterranei è molto clericale. Può essere lenitiva ma mai risolutiva. Accompagna le diseguaglianze, le coccola, senza mai trovare una soluzione. Sarebbe, in fondo, un esercizio di cattiva coscienza.
LA CINA
Essere atlantisti vuol dire anche sposare la politica economica degli Stati Uniti. Per Biden, come per Trump, Pechino è un problema: la bilancia commerciale a stelle e strisce pende a favore dei cinesi. I dazi commerciali americani non furono un capriccio di Trump, ma un mezzo necessario per mettere in sicurezza l’industria statunitense. Biden non potrà fare altro che proseguire, per quel che riguarda i rapporti con la Cina, sulla stessa strada del Tycoon.
Bisogna essere coscienti del fatto che essere atlantisti vuol dire anche dare spazio alle merci americane anziché a quelle cinesi. E lavorare affinché tutta Europa lo faccia. La NATO non è solo un’alleanza militare, ma soprattutto politica. Come si fa, in quest’ottica, ad avere buoni rapporti con la Cina proseguendo sulla strada della cooperazione commerciale tra i due paesi? La Cina è un enorme e ricco mercato per l’Italia …
DIRITTI CIVILI
I russi sono brutti e cattivi. Gli americani alti biondi e belli. I russi detestano i diritti umani. Gli Stati Uniti no. Eppure la morte di George Floyd e gli scontri successivi, che avvengono dopo tre secoli in cui la questione razziale non è mai stata risolta, la pena di morte tutt’ora in vigore in molti stati dell’Unione, il creazionismo come religione “di stato” della Bible belt, i diritti delle donne come l’aborto sotto attacco in metà del paese, ci parlano di un sistema sicuramente migliore di quello russo, ma che definire “patria dei diritti” è decisamente azzardato.
I russi hanno una democrazia fragile. Benissimo. Ma l'assalto al Campidoglio, facilitato da un presidente che ha giurato di “difendere la costituzione”, ci parla di una democrazia anch’essa decisamente fragile. Qual è, in fondo, la differenza tra Jack lo Sciamano ed un seguace di Putin che va in piazza brandendo una icona ortodossa?
I russi avvelenano gli oppositori. D’accordo. Negli Stati Uniti i militanti per i diritti civili vengono perseguitati dalla polizia. I socialisti devono stare nascosti in un angolo. Tant’è che Joe Biden non ha voluto Bernie Sanders come ministro del lavoro. La polizia di frontiera americana è brutale.
Ad alimentare il maccartismo che cova sotto la cenere non sono tanto i repubblicani, quanto i liberal “alla Hillary”. Il socialismo, anche nella versione socialdemocratica, potrebbe occupare, sviluppandosi, lo spazio politico liberale. E le battaglie contro le diseguaglianze economiche e sociali potrebbero avere un effetto destabilizzante sulle libertà economiche tanto care ai democrats.
I liberal citano la lotta alle disuguaglianze. Ma per loro il punto vero è l’intangibilità del sistema economico.
La storia americana è costellata di cadaveri. Citerò in maniera esemplificativa l’appoggio ai contras in Nicaragua, a puro titolo di esempio. Dove morire di veleno, per gli oppositori, sarebbe stato un trattamento di favore. E non parliamo di pericolosi terroristi assetati di sangue, ma di persone come il vescovo Oscar Romero, trucidato da squadroni della morte sponsorizzati dagli statunitensi mentre diceva messa. Tra russi e statunitensi “scagli la prima pietra chi è senza peccato”.
Ma proprio sul caso Navalny, l’Europa e gli Stati Uniti accomunati nell’atlantismo, nonché tutti liberal alla matriciana di casa nostra, dimostrano quanto sia vero il detto biblico: “non giudicate, per non essere giudicati; perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati. Perché osservi la pagliuzza nell'occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio?”. Navalny è coccolato e vezzeggiato dai governi atlantici. Eppure si tratta di uno xenofobo, con solidi legami tra i neonazisti russi, che ha dichiarato che i caucasici erano “scarafaggi da eliminare”. Fosse stato un americano Joe Biden avrebbe già chiamato la polizia per farlo arrestare. Se l’Italia vuole diventare una nazione che difende i diritti umani nel mondo deve, giustamente, puntare il dito contro Mosca, ma anche contro Washington. Cosa poco conciliabile con l’atlantismo professato da Mario Draghi
AD OGNUNO IL SUO MESTIERE
Concludendo: Draghi, in politica estera, ci ha prospettato un minestrone con molti ingredienti, ma dal sapore decisamente dubbio. Così composto, forse, per tenere insieme le diverse anime del suo governo, che è anch’esso un minestrone decisamente variopinto. Ma può essere davvero, la sua, una linea credibile per la politica estera italiana? No. Ma questo accade quando si prende un banchiere, per quanto blasonato, e gli si fa fare la politica, che è un’altra cosa.
Voi vorreste essere operati da un bibliotecario invece che da un medico? No di certo.
Eppure Mario Draghi è Presidente del Consiglio …
Mario Michele Pascale
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