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ROMA, PIGNETO: RIMOSSO INNOCUO STRISCIONE PER LA PACE IN PALESTINA

Il Comune ha agito su indicazione della Questura. Inutile e un po' pacchiana prova muscolare delle autorità. Perché? Viaggio (breve) in quel covo di bombaroli che è il quartiere più “in” e radical chic di Roma
Roma Striscione Palestina
Lo striscione incriminato

Il circolo Arci Sparwasser al Pigneto ha esposto uno striscione che riportava la scritta “Fermiamo il massacro: Free Palestine”. Dopo un po' sono arrivati gli operai dell'ufficio decoro del comune di Roma, che hanno rimosso la scritta. Ripetiamo: non sono stati imbrattati i muri, né danno alcuno veniva fatto agli edifici o al paesaggio. Lo striscione era di suo rimovibile senza grande sforzo (vedi foto).


Con una nota emessa in serata l'ufficio stampa del comune di Roma precisa: “Le rimozioni da parte dell'ufficio decoro urbano del Comune di Roma di manifesti, striscioni e scritte relative al conflitto in Medio Oriente avvengono su indicazione della Questura, anche a seguito delle decisioni prese in sede di Comitato per l’Ordine e la Sicurezza”.

Colpa della questura, quindi, non del comune di Roma.


Ora vediamo da vicino quel covo di bombaroli dinamitardi e feroci rivoluzionari che è il Pigneto.


libreria Pigneto Roma Palestina
L'esterno della libreria Tuba al Pigneto

Il circolo Arci Sparwasser da anni è in prima linea, con manifestazioni sempre pacifiche, per la pace, la parità di genere e i diritti. Poco più in là c'è una storica libreria femminista, la Tuba, che accanto a narrativa e saggistica di genere offre un ottimo caffè. La sua clientela è fatta di donne e giovani uomini dall'aria estremamente paciosa. Lì davanti c'è una biblioteca del comune di Roma, la Goffredo Mameli. Si sa, il sapere è di suo rivoluzionario. Poi la zona è costellata di locali dove frotte di giovani (e meno giovani con la sindrome di Peter Pan) consumano aperitivi a profusione. Ogni tanto una rissa, come in ogni zona della movida che si rispetti, ma mai per motivi politici.

Intorno ai locali le case abitate, perlopiù, dalla borghesia benpensante di sinistra che ha reputato “in” alloggiare in un quartiere che, oramai, di popolare ha solo il ricordo.

Certo che uno striscione che voleva la pace, condannando il massacro indiscriminato di civili, calato in un contesto decisamente radical chic, poteva essere una grandissima turbativa all'ordine pubblico. Già mi prefiguro gli alti dirigenti della pubblica amministrazione che abitano il quartiere, insieme alla gioventù dorata loro figlia, togliersi i jeans firmati, indossare la kefiah e, a volto coperto, dare fuoco ai cassonetti ...


Bene ha fatto il comune di Roma a “dissociarsi” da quella che appare, a tutti gli effetti, una farsa e una inutile espressione di controllo per un territorio che forse avrebbe bisogno di essere si attenzionato, ma per il piccolo spaccio e la microcriminalità, di certo non per motivi politici.

Dispiace che il sindaco Gualtieri, sulla questione palestinese, abbia avuto poco coraggio. Ma, si sa, votano a sinistra anche dalle parti del portico d'Ottavia.


Sulla vicenda pende un'interrogazione parlamentare, a firma Nicola Fratoianni: “Ma davvero per uno striscione che chiede il cessate il fuoco in Medio Oriente e la libertà per la Palestina davanti a un circolo Arci si muove l’Ufficio Decoro del Comune di Roma su richiesta della Questura? Cosa c’è di offensivo nel lanciare un messaggio di pace? Esigiamo chiarezza”.

Speriamo che la Questura o, eventualmente, il Comitato per l'Ordine e la Sicurezza, diano motivazioni serie per quanto accaduto.

Altrimenti saremo al ridicolo di Stato.


Mario Michele Pascale

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