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IX VERTICE DELLE AMERICHE. LA FIGURACCIA DELL'AMMINISTRAZIONE BIDEN

Aggiornamento: 11 giu 2022

Deboli ed incapaci di leadership. Questi gli Stati Uniti di Biden, che non convincono gli altri stati americani

“Quando la democrazia è sotto attacco in tutto il mondo, dobbiamo unirci e rinnovare la nostra convinzione che la democrazia è l'ingrediente essenziale per il futuro delle Americhe”. Così Joe Biden al IX vertice della Americhe di Los Angeles, che si è chiuso il 10 giugno. Ed ha preso talmente sul serio l'importanza dell'esportazione della democrazia ad ogni costo, antica specialità statunitense, che al vertice non sono stati invitati Cuba, Venezuela e Nicaragua “in quanto paesi non democratici”.


DOPO LE ESCLUSIONI, LE DEFEZIONI

La lista delle defezioni è stata, però, molto più lunga. Molti capi di stato, estremamente critici con l'evento, hanno inviato seconde linee scegliendo la politica della protesta asimmetrica. E' infatti decisamente irriverente il fatto che se gli Stati Uniti mettono in campo il proprio leader, gli altri paesi rispondano con ministri, sottosegretari ed usceri.

Non è proprio uno schiaffo in faccia, ma poco ci manca.

Il Presidente del Messico, Lopez Obrador

Ed ecco che il Presidente del Messico, Andrés Manuel López Obrador, non sarà presente. Assenti pure il presidente dell’Uruguay, Lacalle Pou, e quello della Bolivia, Luis Arce.

Luis Bolsonaro, presidente del Brasile, avrebbe tentennato. Alla fine ha partecipato al vertice solo perché Biden gli avrebbe promesso, a latere, un incontro bilaterale.


GLI STATI UNITI APERTAMENTE CRITICATI DURANTE IL VERTICE

Non sono mancati momenti di forte imbarazzo. Il premier del Belize, Johnny Briceno, e il presidente argentino, Alberto Fernandez, hanno apertamente criticato la politica di Biden nel bel mezzo della sessione plenaria. "E' imperdonabile che tutti i paesi delle Americhe non siano qui", ha dichiarato Briceno, prendendo in particolare la difesa di Cuba e Venezuela che, come il Nicaragua, non sono stati invitati dagli Stati Uniti. Il presidente argentino Fernandez ha ritenuto che "essere il Paese ospite del vertice non dà la possibilità di decidere chi ha il diritto o meno" di partecipare.


LE CONTRADDIZIONI DELLA POLITICA ESTERA DI BIDEN NELLE AMERICHE

Il vertice della Americhe avrebbe dovuto segnare il rilancio degli Stati Uniti nel “giardino di casa”. Ma molte cose sono andate storte. Ad iniziare dalla freddezza sulle politiche vaccinali, dove la cosiddetta “diplomazia del vaccino” russa e la “diplomazia medica” cubana hanno surclassato la netta indifferenza statunitense nei confronti del destino sanitario dei suoi vicini.

La comunità cubana di Miami

Proseguendo con le contraddizioni della politica estera progressista: se Obama aveva scongelato i rapporti con L'Avana, Biden prima ha eliminato alcune sanzioni, ma poi ha ceduto senza appello alle pressioni della comunità cubana di Miami, da sempre contraria a qualsiasi forma di dialogo. Risultato: Cuba resta il nemico numero uno nella regione, il suo governo bollato come “antidemocratico”, anni di relazioni bilaterali tendenti al positivo gettati alle ortiche.

Migranti latino americani al confine degli Stati Uniti

Non è piaciuta, infine, la politica degli Stati Uniti sull'immigrazione. Molti stati centro americani si aspettavano un cambio di passo rispetto a Trump. L'amministrazione Biden, invece, sta agendo in perfetta linea di continuità con quella del Tycoon. Forse con meno proclami, ma la ferocia nei confronti dei migranti è rimasta la stessa.


Gli Stati americani si aspettavano di discutere, non solo sulla carta, ma realmente, di transizione energetica, ambiente, immigrazione e sviluppo. Si sono trovati davanti, invece, lo stesso repertorio che Biden adopera sullo scenario europeo, contrapponendo la “democrazia” liberale a guida statunitense, in cui dovrebbe sciogliersi la totalità dell'Occidente, alla “barbarie” russa. Nel caso del continente americano i russi sono stati sostituiti da cubani, venezuelani e nicaraguensi. Certo è che se gli Stati Uniti, con la loro storia fatta di ingerenze nella vita democratica dell'America latina, portata avanti non sempre con metodologie ortodosse, impugnano la democrazia e la difesa dei diritti umani, anche i diplomatici più smaliziati si metterebbero a ridere.

Il quadro è aggravato da un certo dilettantismo nell'organizzazione dell'evento: pochi i temi all'ordine del giorno e piuttosto fumosi, cosa che ha portato ad una agenda dei lavori traballante. Senza parlare dei risultati, deludenti ed inconcludenti.

L'unica cosa che pare abbia funzionato, nel marasma del vertice, è stata la cena di gala organizzata dalla First Lady, Jill.


Insomma il IX Summit delle Americhe si è rivelato un regalo inaspettato sia per la Cina che per la Russia che avranno, non per loro merito, ma per la totale incompetenza dell'amministrazione Biden, la possibilità di radicarsi ancora di più in quello che gli Stati Uniti hanno sempre reputato il loro “giardino di casa”. Washington, da parte sua, è apparsa debole ed incapace di svolgere una leadership politica. Si tratta di una sconfitta netta, dalla quale sia Joe Biden, che la totalità del mondo progressista americano, dovrebbero trarre insegnamento, mettendo da parte la tracotanza dell'impero e l'ideologia dell'esportazione ad ogni costo della “democrazia” liberale.


Mario Michele Pascale

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