Spieghiamo perché l’Ucraina ha ancora molta strada di fronte a se prima di aderire all’Unione europea
“Se si dice che l'Ucraina entrerà nell’Unione Europea in 6 mesi, 1 anno o 2 anni, si mente. Non è vero. Questo avverrà probabilmente tra 15 o 20 anni ... ci vuole tanto tempo”. Così il nuovo ministro francese per gli affari europei, Clement Beaune. Questo va a sommarsi al “no alle scorciatoie” pronunciato alcuni giorni fa dal cancelliere tedesco, Olaf Scholz. Sholz aveva dichiarato di “non essere favorevole” alla rapida adesione del paese all’Unione, perché “il fatto che non ci sia una scorciatoia sulla strada per l'adesione all'Ue dell'Ucraina è per dovere di equità nei confronti dei sei paesi dei Balcani occidentali che da tempo chiedono di entrare nel blocco europeo”.
Secondo Scholz, “Emmanuel Macron ha ragione nel sottolineare che il processo di adesione non è questione di pochi mesi o pochi anni”. Sullo sfondo, come ricordo si un lontano passato, lontano quanto un manifesto di propaganda ingiallito e maltrattato dal tempo, il pellegrinaggio a Kiev di Ursula Von Der Leyen, che, in aprile, aveva assicurato tempi rapidi, liquidando l’adesione alla UE dell’Ucraina come una mera formalità o quasi.
Nel frattempo è pronto il contentino: Macron propone per Kiev l’ingresso nella “comunità politica europea”. Una sorta di “purgatorio” in cui gli aspiranti soci dell’Europa che conta possono ricevere qualche beneficio economico, ma di certo non prenderebbero parte alle decisioni politiche e strategiche.
I REQUISITI MINIMI PER ENTRARE IN EUROPA
Ma perché Kiev non può entrare, secondo Macron e Sholtz, nell’Unione? Questi sono i primi requisiti chiesti dall’Europa: 1) istituzioni stabili che garantiscano la democrazia, lo stato di diritto, i diritti umani e il rispetto e la protezione delle minoranze.
2) Un'economia di mercato funzionante e la capacità di far fronte alla concorrenza e alle forze di mercato nell'UE.
3) La capacità di assumere e attuare efficacemente gli obblighi dell'adesione, compresa l'adesione agli obiettivi dell'unione politica, economica e monetaria.
Chiaramente il paese oggi vive una situazione eccezionale, dovuta alla guerra in corso. Prenderemo in considerazione, quindi, i dati immediatamente precedenti l’avvio delle operazioni militari da parte della Russia, momento in cui il governo ucraino aveva piena e totale agibilità.
DIRITTI CIVILI
L’impunità per la tortura, in Ucraina, è endemica. Sono stati segnalati alcuni progressi nei procedimenti giudiziari relativi alle morti durante le proteste di Euromaydan nel 2013 e 2014, tra cui il processo di diversi tituški (mercenari arruolati principalmente nella criminalità comune e nel sottoproletariato urbano, che la polizia ucraina infiltrava nelle manifestazioni per farle degenerare) e di una manciata di ex agenti di polizia. Poche condanne e tutte di pesci molto piccoli. La giustizia è rimasta un miraggio per la maggior parte delle vittime degli abusi delle forze dell’ordine durante questi eventi.
Il governo filorusso di Viktor Yanukovich, durante il quale sono avvenuti questi eventi, appartiene al passato. Ma non appartiene al passato, evidentemente, quel sistema di potere e di relazioni che Yanukovich rappresentava, che è sopravvissuto alla “svolta democratica” del paese e che continua a garantire coperture ed impunità.
Le indagini sulle denunce di torture più recenti sono state lente e spesso inefficaci. La procura generale di Kiev ha riferito di aver aperto, da gennaio a dicembre 2020, 79 nuovi casi di presunta tortura e 1.918 di presunto abuso di autorità da parte di agenti delle forze di sicurezza. Su 1918 casi sono state rinviate a giudizio solo 51 persone.
La Corte europea dei diritti umani si è finora pronunciata contro l’Ucraina, in favore dei ricorrenti, in 115 dei casi riguardanti condizioni di detenzione equivalenti a tortura o altri maltrattamenti. Da segnalare che i ricorrenti, spesso, dopo essersi rivolti alla Corte europea dei diritti umani, venivano sottoposti a ritorsioni.
La discriminazione di genere e la violenza domestica sono particolarmente diffuse. Non sono stati compiuti progressi nella ratifica della Convenzione di Istanbul. Fino a tutto luglio 2021 i militari e gli agenti di polizia erano immuni dall’azione penale e amministrativa per violenza domestica. Gli attacchi omofobi da parte di gruppi che promuovono discriminazione e violenza sono stati all’ordine del giorno per tutto il 2020 e raramente i perpetratori sono stati chiamati a risponderne. I sei responsabili dell’aggressione del 2018 contro il difensore dei diritti umani Vitalina Koval, che fu cosparsa con una vernice rossa che le causò ustioni chimiche agli occhi, hanno continuato a godere dell’impunità.
LIBERTÀ DI STAMPA
Il rapporto sulla libertà di stampa del 2020, pubblicato dall’organizzazione internazionale Reporters Without Borders, poneva l’Ucraina al 96° posto su 180 paesi analizzati. 229 i casi accertati di violazioni della libertà di parola, di questi ben 171 si riferiscono ad aggressioni fisiche nei confronti dei giornalisti. Dati che confermano il trend del 2019. Se è vero che la 96° posizione nella classifica redatta da Reporters Without Borders rappresenta un miglioramento di ben sei posizioni rispetto al 2019, è altrettanto vero che, come sottolineato nello stesso rapporto, questo risultato è dovuto “più al peggioramento della situazione in altri paesi che a un reale miglioramento della situazione” in Ucraina.
L’ECONOMIA
I dati macroeconomici pubblicati nel 2020, che analizzano, quindi, la situazione pre pandemia, hanno fatto registrare una diminuzione del PIL ucraino del 4%. La produzione industriale è calata del 4,5%, mentre gli investimenti, che già rappresentavano solo il 18% del PIL, sono ulteriormente diminuiti del 22% nel 2020. L'inflazione è stata pari al 6,2% mentre la disoccupazione è aumentata al 9,3 %.
Il debito pubblico è cresciuto, attestandosi al 63% del PIL. Il rapporto deficit/PIL risulta al 5,2%.
Da segnalare la decisione da parte del Fondo Monetario Internazionale di sospendere l’erogazione della tranche da 700 milioni di dollari dello Stand by Arrangement-SBA, che è lo strumento di finanziamento attraverso cui l’FMI sostiene i paesi in difficoltà economica derivante da una crisi finanziaria. I finanziamenti non verranno sbloccati quando fino a quando il Fondo Monetario Internazionale non otterrà rassicurazioni da Kiev sul progresso nella realizzazione delle necessarie riforme, in particolare nei settori della giustizia ed energetico, nonché nella lotta alla corruzione.
LA CORRUZIONE
Sia la corruzione “diffusa” che la cosiddetta “grande corruzione” sono endemiche nel paese. A gravare sullo sviluppo dell’economia, della società civile e della politica ucraina è soprattutto la “grande corruzione”, definita nei documenti dell’Unione europea come: “l’abuso di potere ad alto livello a beneficio di pochi, che reca danni gravi e diffusi ai singoli cittadini e alla società. Gli oligarchi (ucraini) e gli interessi costituiti sono le cause più profonde di tale corruzione”.
Più volte l’Unione è intervenuta a sostegno della macchina statale di Kiev, ma alla fine ha dovuto gettare la spugna. La corruzione è, e resta, insieme alle diseguaglianze economiche, un macigno che pesa sul destino del paese.
L’attuale presidente Volodymyr Zelensky è stato eletto con un programma alla cui base vi era la lotta alla corruzione. Non è, da questo punto di vista, giudicabile, data l’attuale situazione emergenziale. Ma è da segnalare, comunque, che prima della guerra con la Russia la situazione, su questo fronte, era a dir poco drammatica.
PERCHÉ PRENDERE IN GIRO GLI UCRAINI?
Sholz e Macron colgono nel segno. L’Ucraina, prima di approdare a quelli che sono gli standard dell’Unione Europea, se l'Unione vuole essere una cosa seria, ha molta strada da percorrere davanti a se.
Dispiace che Ursula Von der Leyen, che di certo conosce quelli che sono i requisiti minimi per l’ingresso nel “club Europa”, sia andata fino a Kiev ad alimentare false speranze. Dispiace che la sua narrazione, evidentemente falsa ed evidentemente funzionale al prosieguo ad ogni costo della guerra da parte ucraina, alla fine vada a ledere proprio gli uomini e le donne di Kiev che, intimamente e in buona fede, credono che il loro destino sia l’Europa.
Il nostro augurio è che la pace si raggiunga al più presto e che il nuovo governo “di ricostruzione” che necessariamente dovrà prendere il posto dell’attuale esecutivo “di guerra”, si metta subito al lavoro per superare gli ostacoli che, prima del conflitto, impedivano al paese di aderire all’UE.
Appare ovvio che il fortino costruito dal governo Zelensky, fatto di retorica, propaganda, acceso nazionalismo e orgoglio che sconfina con l’arroganza, non solo rivolta ai Russi (cosa più che comprensibile) ma anche verso l’Occidente, quando questo non scatta sull’attenti assecondando le richieste di Kiev, diventi un corpo estraneo in una situazione ridiventata normale.
Mario Michele Pascale
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